LETTERA AL DUCE
Voi che tutto fate e potete: Il consenso ingenuo
Quanta fame! che ce nella mia casa: Il consenso passivo
Per la salvezza della Patria e dell’Impero: Il consenso partecipe
Le LETTERE
Indice dei nomi
Indice dei luoghi
Libro necessario e tristissimo. Necessario perché la fonte individuata e valorizzata da Valentino Zaghi per l’area polesana è di per sé bellissima -le centinaia di lettere riemerse dagli archivi o fortunosamente ricuperate, dell’ondata epistolare che da ogni parte si leva fra le due guerre all’indirizzo di quel concentrato di carismi, poteri e autorità che è il capo del fascismo; e perché estende i due fertili criteri ed ambiti della scrittura popolare e delle lettere ai potenti dalla Grande Guerra – attorno a cui prevalentemente nacquero e si svilupparono, in particolare il primo – ai rapporti fra popolo e poteri pubblici fra le due guerre.
Perché, comunque, questa umanità derelitta e piangente è composta di uomini che si premurano di assicurare il Duce – sempre inchinevolmente chiamato e invocato come tale e con molteplici altri risonanti attributi di maestà – che loro hanno patriotticamente fatto la guerra, qualcuno Fiume, molti si vantano squadristi e iscritti della prima ora, e poi qualcuno ha messo la divisa in Libia, e poi s’è fatto l’Etiopia, la Spagna. Gli venga istintivo o facciano i furbi per raggiungere lo scopo, mostrano di avere appresa come si deve parlare, quali sono i valori di riferimento; e possono conoscere male l’ortografia, ma hanno imparato i gerghi della connivenza e della convenienza patriottiche: Patria, Italia, Fascismo, Partito sono parole compresenti, orizzonte dato per condiviso. Parole? Gesti propiziatori? Finzioni sceniche? Può darsi, ma che cos’è un linguaggio, se non un lasciarsi attraversare e conformarsi a un’epoca? Come in ogni altra recitazione sociale, nei conformismi di Chiesa e di Stato. Prendiamone atto. Così ci si relaziona a chi comanda e può decidere della tua vita – stando al suo gioco e mostrando di esserci dentro. Giustamente Zaghi – non nuovo com’è a queste esplorazioni di autoritratti sociali ed epistolari collettivi – nel suo nutrito e attento saggio accompagnatorio, argomenta e distingue, testi alla mano, diversi atteggiamenti collettivi e gradi di adesione, disciplinamento e ‘consenso’. Distingue anche quanto è possibile i mittenti per ceto e attese sociali, poiché non scrivono a Roma solo i disperati del sottoproletariato di una provincia più di altre in difficoltà.
Mario Isnenghi