Il presente volume raccoglie gli atti della giornata dedicata al teatro di Enzo Duse e in generale alla sua figura, dopo la riproposta nel 2013, in occasione del Cinquantenario della sua morte, di una scelta del suo teatro in dialetto, entrambi per volontà dell’Associazione Culturale Minelliana.
Nato nel 1901 e distanziato da noi da più di un secolo, Duse, e soprattutto il suo teatro, meritano un inquadramento storico, nell’ambito di quella che un’altra figura di primo rilievo nello stesso ambito e con molte caratteristiche comuni, e non a caso in molti dei contributi qui raccolti alla sua affiancata e confrontata, quella di Eugenio Ferdinando Palmieri, definì la drammaturgia dell’intervallo.
Intervallo tra l’una e l’altra guerra che segnano la prima metà del Novecento ma anche dello spazio che lo segue immediatamente e che senza tali premesse non si comprende. Esso riguarda le vicende di un teatro veneto, tra lingua e dialetto, in rapporto a un quadro di committenza e organizzazione teatrale, oltre quella drammaturgia di fine Ottocento che inventa delle compagnie “dialettali” professionali, agenti e circolanti nello spazio o circuito intero della “nuova Italia” e la loro fine o estinzione sulla soglia degli anni sessanta del Novecento, durante la quale lo stesso teatro dialettale diventa da una parte patrimonio del teatro di regia e si confina, dall’altro, soprattutto per gli autori non di punta, alla sola trasmissione delle ribalte amatoriali o filodrammatiche, custodi di una tradizione (il che significa anche di una tradizione di abitudini sceniche e non solo repertoriale).
Come avvenuto per lo stesso Palmieri, per Rocca, per Pascutto – dopo ovviamente Gallina, Selvatico, Simoni, Pilotto – una serie di iniziative di studio e riproposta dei testi ha negli ultimi decenni, e sostanzialmente nel secolo ancora nuovo e successivi a quelli in cui le loro vicende si sono svolte, contribuito a una comprensione finalmente storica e meditata di questo campo.
Anche la comprensione della figura di Enzo Duse e del suo teatro è un tassello di questa storia, dove la ribalta dialettale non può esistere senza la parallela scrittura in lingua, senza una ricostruzione più dettagliata del quadro biografico ed esistenziale della sua storia, nell’ultima stagione delle compagnie venete “nazionali” (quelle dei Baseggio, Cavalieri, Micheluzzi), che è anche quella dei giornalisti-drammaturghi e delle novità teatrali ai confini con l’espansione dell’industria cinematografica. Vanno qui, dunque, salutati con particolare interesse, oltre alle riflessioni in questa direzione, alcuni contributi che in questa giornata di studi e in questo volume trasmettono dalla cronaca e dalla memoria personale elementi per la costruzione di un quadro propriamente storico-documentario, parallelamente alla riscoperta e riacquisizione, tra i testi tutti generalmente “dimenticati”, di copioni propriamente inediti.
Piermario Vescovo